Formato 11x17cm di pagine 48
Prefazione
È per me un vero e proprio onore poter introdurre
quest’opera del Professore Luigi Finelli,
uno degli uomini di più vasta cultura e raffinatezza
che io abbia mai conosciuto. Vi sorprenderete
– come ho fatto io – nel ritrovarvi così intensamente
nei concetti che dipinge magistralmente,
al punto di pensare che l’autore sia dotato di una
qualche forma di telepatia o mentalismo, perché
riesce a riprodurre, con disarmante nitidezza, il
pensiero inespresso di tutti noi rispetto al quadro
della società moderna.
Una società atomistica, improntata all’individualismo,
decadente nei valori e nei legami affettivi,
dove il concetto di famiglia si è perduto in
nome di chimere e ideali artificiali che portano
solo alla solitudine e all’inaridimento dei rapporti
sociali ad ogni livello.
In questo scenario, da cui Luigi Finelli prende
le doverose distanze, l’unico baluardo alla perdizione
definitiva del bagaglio culturale, valoriale,
l’unico ponte tra passato e presente, sono i nonni.
Apparteniamo, volenti o nolenti, all’epoca del
metaverso, dell’apparire, delle scelte di pancia –
che non sono quelle di cuore ma nemmeno quelle
fatte con la testa –, dove anche la programmazione
di una maternità o paternità risponde a
logiche contorte, frutto di estemporanee esigenze
personali ed egoistiche, piuttosto che a una
seria progettualità di famiglia, come accadeva in
un passato nemmeno troppo lontano.
Questo libro mette a nudo l’ipocrisia di una
società che difende se stessa, si auto-assolve e giustifica,
si illude che le leggi sull’affido condiviso e
la bigenitorialità possano adeguatamente salvare
i figli minori dal cataclisma della polverizzazione
della famiglia tradizionale.
Figli sparpagliati tra madri e padri, nuovi
compagni e “fratellastri”, esposti a input educativi
così variegati da rischiare seriamente di perdere
la bussola e ogni riferimento. Figli che la
legge pone al “centro” solo formalmente, beffati
da magistrati che troppo spesso interpretano le
norme secondo un modello personale, cedendo
ai dogmi dell’imperante mentalità che ritiene
salvifico il rigoroso frazionamento dei tempi di
permanenza con ciascun genitore, assetto che
però perde di vista il progetto etico ed educati9
Prefazione
vo dei figli, sacrificando il loro corretto sviluppo
evolutivo. Ma, soprattutto, in nome della parità
di diritti, stravolge il contesto ideale dove i figli
dovrebbero crescere, fatto di abitudini e regole
educative.
L’autore di questo appassionato pamphlet,
con ammirevole franchezza e coraggio, non ha
remore nell’esprimere severe critiche a un sistema
che si ritiene intangibile e che non tutela a
sufficienza i minori.
È da queste ceneri che si stagliano, come una
Fenice, i nonni. Sono i nonni, quando e se viene
permesso loro di assolvere il loro prezioso
compito, che illuminano i nipotini su quelli che
sono i cosiddetti sani principi, sull’esperienza e
il senso stesso della vita. Lo fanno raccontando
aneddoti ed episodi di vita vissuta, conferendo
autentico e disinteressato amore, un sentimento
vero che non è in competizione con alcuno e
nulla chiede in cambio. Sono loro a colmare le
lacune culturali e valoriali degli inesperti genitori,
troppo presi da sé e dai loro problemi quotidiani,
da comprendere fino in fondo gli errori
che proiettano sui figli.
Condivido ogni virgola del bellissimo saggio
del Professor Finelli e ritengo che per tutelare
maggiormente i minori, la legge dovrebbe garantire
maggiori diritti ai nonni.
È pur vero che il nostro codice civile prevede
che “Gli ascendenti hanno diritto di mantenere
rapporti significativi con i nipoti minorenni”. Ed è
anche vero che questo assetto scaturisce da convenzioni
europee e internazionali (come la Carta
di Nizza), che sanciscono un vero e proprio
diritto dei nonni ad avere un rapporto stabile e
duraturo con i nipoti.
Il fatto è che, all’atto pratico, queste prerogative
tendono a disperdersi nelle aule giudiziarie,
soprattutto quando il diritto dei nonni viene
ostacolato da figli ingrati che hanno perso il riferimento
al senso della famiglia.
Le montagne delle altisonanti enunciazioni
di principi a tutela dei nonni partoriscono blandi
topolini, dove a volte all’ascendente vengono
“concessi” radi accessi ai nipotini, mediati da
servizi sociali, educatori, spazi neutri, con tempistiche
risicate, senza dimenticare la presenza
del Curatore Speciale, figura recente della prassi
giurisprudenziale che, non di rado, aggiunge
confusione e incertezze.
Ecco, quindi, che voci come quella del Professor
Finelli debbono essere sostenute e affiancate
da tutti coloro che condividono la necessità di
valorizzare la figura dei nonni, per la salvezza dei
minori e della società tutta.
Chiudo citando Papa Francesco: “I bambini e
i nonni sono la speranza di un popolo. I bambini,
i giovani, perché lo porteranno avanti, porteranno
avanti questo popolo; e i nonni perché hanno la saggezza
della storia, sono la memoria di un popolo”.
Daniela Missaglia
Introduzione
Ero con i miei nipotini di uno e tre anni
quando è suonato il telefono: “Buongiorno
Pino, sono Gino Finelli, ho scritto un pamphlet
sui nonni, vorrei chiederti di scrivere l’introduzione…”.
Confesso di essere uno “scrivano” pigro,
ma colto nell’emozione di fare il nonno, ho
preso carta e penna.
Nonno, nonna, come quasi tutto il nostro
vocabolario, vengono dal latino; nonnum, col significato
di balia riprende il linguaggio infantile
di quelle che sono le prime parole dei bambini,
la cosiddetta lallazione. Ma nonno ha anche assonanza,
con “fai la ninna, fai la nanna”, la cantilena
che tranquillizza e favorisce il sonno del
piccolo. E probabilmente la figura dei nonni si
può riassumere in un ruolo che appunto rassicura,
trasmette fiducia, aggiunge elementi a quella
componente affettiva che garantirà il migliore
sviluppo emotivo del bambino.
Gino Finelli, con la delicatezza che è sua naturale
prerogativa, affronta un tema intricato come
quello dell’affido condiviso, individuando nella
figura dei nonni un elemento che può procurare
sostegno, equilibrio, laddove appare necessario
affiancare, rafforzare il ruolo genitoriale.
Vi lascio dunque alla lettura, richiamando
alla memoria l’immagine di Sant’Anna che tiene
Maria sulle ginocchia, a sua volta protesa ad
afferrare Gesù Bambino che gioca con un agnellino,
dipinta da Leonardo da Vinci.
Giuseppe Barbato